Josquin 500

“Un evento dedicato al grandissimo musicista Josquin Desprez, in occasione dei 500 anni dalla sua morte. Il gruppo maschile Gradi Congiunti (Tobia Tuveri, Mario Tardini, Alessio Faedda, Andrea Galitzia, Federico Tuveri, Fabio Brundu, Nicola Marras, Raimondo Belfiori) e il trio di liuti Il Dolcimelo (Franco Fois, Alessandra Murgia, Efisio Caboni) eseguiranno la “Missa Hercules Dux Ferrariae”, capolavoro del compositore fiammingo dedicato a Ercole I d’Este, duca di Ferrara: un’ultima sfaccettatura della Natura, vissuta come origine del cantus firmus, che deriva in questo caso dalle lettere musicali del nome del duca.

L’intento encomiastico si realizza, come mai avvenuto prima in una messa, nella scelta del materiale tematico che risuonerà nell’intera composizione, ovvero nell’adozione di un cantus firmus che non consiste, eccezionalmente a quell’altezza cronologica, in una melodia preesistente. Questa si basa infatti, per usare la terminologia del teorico Zarlino, su un «soggetto cavato dalle vocali» di nome e titolo del duca, a ciascuna delle quali Josquin fa corrispondere una nota musicale: 

HER-CU-LES DUX FER-RA-RI-AE 

Re-Ut-Re      Ut    Re-Fa-Mi-Re

Una volta che il soggetto cavato era stato estratto dal testo, il compositore quindi utilizzava i toni come cantus firmus per la composizione. La Missa Hercules Due Ferrariae è significativa in quanto non è solo l’esempio più famoso di un soggetto cavato, ma anche il primo. La messa, dalla scrittura arcaicizzante dovuta alla tecnica del cantus firmus, si articola attraverso la concatenazione di brevi episodi, il più delle volte imitativi, su materiale tematico continuamente rinnovato, corrispondente a ciascun nucleo semantico del testo. A loro volta tali episodi sono articolati in sezioni più vaste, che strutturano ciascun movimento secondo una logica spesso tripartita: di tre ante si compongono infatti Kyrie, Credo, Sanctus, Benedictus e Agnus Dei. Puntualmente articolato in questi termini, il testo liturgico viene offerto all’ascolto nel segno di una costante cordialità espressiva, declinata ora nell’intimità dei frequenti duetti, ora nella quieta grandezza del conclusivo Agnus Dei III, che dilata «scenograficamente» l’organico vocale da quattro a sei voci.

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